Il progetto di allestimento espositivo e le tecnologie digitali nel progetto di valorizzazione
di Apulia Monumentale, il reportage fotografico di Romualdo Moscioni
L’allestimento espositivo e la produzione delle tecnologie digitali della mostra “Apulia Monumentale - il viaggio di Romualdo Moscioni” (02-05/02-07-2023, Portico dei Pellegrini, Bari) rientrano nel progetto di valorizzazione della raccolta del fotografo viterbese a cura della Soprintendenza Abap per la città metropolitana di Bari, affidate all’Ass. cult. Off the archive-fotografia e beni culturali, da tempo impegnata nella catalogazione e nella valorizzazione degli archivi fotografici, nonché nelle tecniche di riproduzione fotografica del patrimonio. Dette attività di valorizzazione hanno portato alla luce l’identità storico-artistica di Apulia Monumentale, all’interno di una mostra che è solo il punto di arrivo di un percorso di ricerca e sperimentazione che unisce l’immagine storica, alla tecnologia interattiva, al design e al video documentario. Al fine di migliorare le condizioni di conoscenza e di conservazione del patrimonio culturale e di incrementarne la fruizione pubblica (Dal Codice dei beni culturali e del paesaggio - Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42), si è cercato di considerare il nucleo storico fotografico come il centro di un sistema radiale di storie, pensieri e memorie. Si è cercato di mettere in pratica quell’”uso alternativo di fotografie già esistenti” che, nelle parole di John Berger, “ha il compito di incorporare la fotografia nella memoria sociale e politica, invece di usarla come un sostituto che ne incoraggia l’atrofia. […] Il fine deve essere quello di costruire un contesto per ogni foto, costruirlo con le parole, costruirlo con altre fotografie, costruirlo in base alla posizione che occupa in una sequenza di foto e immagini[1]”. L’uso alternativo della fotografia è il concetto che ha guidato il disegno espositivo della mostra Apulia Monumentale, dove il nucleo storico fotografico ha rappresentato il punto di partenza per un’indagine visiva sul territorio, una riflessione sui cambiamenti del paesaggio e dell’architettura, sul punto di vista di chi osserva e fotografa, sugli approcci e sulla tecnica fotografica.
Il percorso espositivo si estende in un’unica grande sala, al primo piano del Portico dei Pellegrini, edificio dell’XI secolo antistante la Basilica di San Nicola, sulle cui pareti laterali, ricoperte da ampie pannellature bianche, 48 stampe all’albumina seguono un andamento costante, in un corpus centrale unico. Tale sequenza di fotografie, scandita in 3 macro sezioni (Romualdo Moscioni e la Puglia: genesi di un incontro; Oltre le reali Basiliche Palatine; La fortuna di Apulia Monumentale), si sviluppa sullo sfondo di ampie superfici verticali bianche, insieme ad altri contenuti che permettono di creare nuovi livelli di conoscenza, promuovere spunti di riflessione, ispirare suggestioni visive ed emotive. Sono i testi esplicativi sulle vicende storiche; citazioni di Romualdo Moscioni e di Giacomo Boni, all’epoca Ispettore della Direzione Generale d’Antichità e Belle Arti che seguì il viaggio di Moscioni in Puglia; una mappa dell’itinerario compiuto dal fotografo viterbese per realizzare il suo reportage; disegni grafici che riproducono le linee essenziali delle architetture fotografate; QR code che rimandano a video interattivi sui luoghi ripresi da Moscioni, così come appaiono oggi, permettendo allo spettatore di navigare nello stesso spazio fotografato più di cent’anni prima.
L’esperienza del confronto tra passato e presente è vissuta dal visitatore della mostra, non solo attraverso i QR code interattivi, ma anche grazie alla visione in grande formato del video proiettato sulla parete centrale, sul fondo della sala. Qui alla mappa che scandisce le tappe del viaggio di Moscioni si alternano brevi filmati in cui le fotografie storiche si sovrappongono, in dissolvenza, sulle panoramiche contemporanee degli spazi e delle architetture riprese dallo stesso punto di vista del fotografo viterbese. In questo modo, il cambiamento del paesaggio è reso visibile grazie alla sovrapposizione seriale di due immagini, testimoni di tempi diversi, ciascuna con linguaggi e strumenti propri delle rispettive epoche. Di fatto, l’intero percorso espositivo offre la possibilità di immaginare il passato alla luce delle visioni del presente. La scelta stessa della sede espositiva segue tale finalità, visto che, con buone probabilità, è proprio dalla Basilica di S. Nicola di Bari che il fotografo iniziò il suo reportage nel 1891. E così, interpretando questo dato storico, all’interno della mostra, è possibile ammirare la fotografia della Basilica nicolaiana in corrispondenza della finestra che si affaccia su Piazza S. Nicola, mettendo lo spettatore nelle condizioni di osservare il monumento sia mediante l’immagine storica, sia mediante la visione diretta, attraverso una finestra. In questo preciso punto del percorso espositivo, al centro della sala, una teca di legno in corrispondenza della sezione espositiva “La fortuna di Apulia Monumentale” contiene documenti storici tra cui la lettera di Romualdo Moscioni alla Regia Prefettura di Bari per presentare “Apulia Monumentale” (8 agosto 1892) e la Raccolta delle fotografie esistenti nello Stabilimento fotografico artistico commerciale di Romualdo Moscioni, fondato fin dall'anno 1868, Roma 1921 (IV edizione). Qui lo spettatore è libero di muoversi nello spazio espositivo come se fosse lo scenario di una vicenda storica che vive ancora nel presente, grazie all’avvicendamento di molteplici livelli di lettura, e piani temporali.
Accanto alle tecnologie digitali che esplorano i luoghi fotografati da Romualdo Moscioni nel presente della sua valorizzazione, il progetto espositivo prevede momenti di approfondimento sulle tecniche fotografiche storiche utilizzate dall’autore viterbese. In mostra sono proiettati in orizzontale, su touch screen, due video-documentari, l’uno sulle attività di restauro delle stampe fotografiche che hanno preceduto la mostra, l’altro sul fotografo di Ostuni, Luca Spennato, che ancora oggi utilizza la tecnica del collodio umido, come forma di resistenza all’istantaneità dell’immagine digitale. Mentre il primo video approfondisce la storia della tecnica ottocentesca mediante analisi scientifiche delle metodologie di restauro adottate presso il laboratorio della Sabap di Bari, il secondo pone l’attenzione sulle abitudini e sugli usi della fotografia nella società “delle immagini”, in contrapposizione a un fare fotografia più meditato e riflessivo, pensato come pratica di conoscenza di sé e dell’altro.
Nella parte finale del percorso, il progetto di valorizzazione della raccolta di Romualdo Moscioni pone l’attenzione sullo sguardo e sulla prospettiva del fotografo, proiettando su un totem multimediale le scansioni dei negativi originali (su concessione dell’Ente conservatore, la Fototeca dei Musei Vaticani) a cui si sovrappongono, in video, le immagini positive post prodotte dall’autore. In questo modo è stato possibile rendere visibile il processo di post produzione messo in atto da Moscioni in camera oscura, dal ritaglio dell’immagine alla mascheratura del negativo, fino alla minuta correzione degli errori e delle lesioni delle lastre in vetro. Nel passaggio da negativo a positivo, l’immagine fotografica torna ad essere elaborato artistico, il prodotto di un punto di vista inedito. L’esito di una scelta compiuta consapevolmente dall’autore sui contenuti da mostrare e di un’elaborazione personale della realtà osservata.
Al fine di attualizzare lo sguardo di Moscioni in un percorso che non si ferma al puro dato archivistico, il progetto di valorizzazione si è avvalso di approcci media archeologici. “Questi ultimi consentirebbero di processare i dati provenienti dagli archivi del passato in una maniera alternativa e creativa […]. Per favorire una moltiplicazione di assemblaggi combinatori, concatenamenti plurali e imprevisti del passato[2]”.
[1] John Berger, Sul guardare, Milano 2009, pp. 64-65-66
[2] Marco Scotini, L’inarchiviabile, Milano 2022, p. 17
Moderno desiderio Fotografia e immaginario popolare Terra di Bari 1945/2021
A cura di Luca Molinari Studio con Michela Frontino
01-20/09/21 Teatro Margherita, Bari
Da mercoledì 1 a domenica 19 settembre ore 10.00-13.30, 16.30-20.00 (solo mercoledì 1 settembre dalle ore 18.30 alle 20.00)
Presentazione al pubblico: sabato 4 settembre ore 17:30.
Catalogo Off the archive Edizioni
Una Volkswagen Maggiolino che si muove nell’acqua, mezzo anfibio inatteso, guidato da una coppia di amici molto divertiti da questa strana avventura; un’anziana signora che posa davanti al suo televisore, scatola dei desideri che è entrata nella casa insieme ad altri oggetti del futuro; una giovane coppia che posa davanti al mare durante una gita domenicale, sullo sfondo decine di nuove costruzioni di “civile abitazione” che stanno sorgendo lungo la costa. Sono tutte fotografie tratte da album di famiglia e realizzate a Bari e nel suo territorio tra gli anni Sessanta e Settanta in quello che oggi noi chiamiamo “boom economico” e che ci raccontano di una società felice, ottimista perché la guerra è finalmente alle spalle e c’è lavoro per tutti, sedotta dai nuovi elettrodomestici e dalle macchine fiammanti che stanno invadendo i loro paesaggi domestici. A questo infinito corpus d’immagini si affiancano i lavori di almeno due generazioni di fotografi baresi che hanno registrato con lucidità il cambiamento materiale, simbolico e culturale di un territorio che non era solo definito nei suoi caratteri, ma che si faceva immagine universale di una metamorfosi più globale e pervasiva.
Descrizione delle opere
«Nant’la port» e «Polignano»
di Domenico Notarangelo (1930-2016)
Domenico Notarangelo nasce a Sammichele di Bari, in Puglia, il 6 marzo del 1930 ed ivi trascorre gli anni dell’infanzia e della prima giovinezza, maturando sul campo l’innata passione per il racconto fotografico. Nei primi anni Cinquanta si trasferisce a Matera, ove è stato attivo protagonista della vita culturale e politica proprio quando veniva riscoperta la Questione meridionale. Giornalista e dirigente politico, dai primi anni Sessanta del Novecento ha contribuito a costruire un’immagine nuova del Mezzogiorno, attraverso le vicende che non hanno fatto la storia ufficiale, ma che hanno certamente intessuto la trama di ciò che siamo noi oggi.
Queste fotografie, scattate nei primi anni Sessanta, rappresentano il tentativo del fotografo di tessere i fili della memoria con il natio Casale, indagando la profonda appartenenza ai luoghi dell’infanzia, vissuta in una famiglia antifascista, di antiche origini contadine. Nel suo reportage Nant’la port, dedicato a Sammichele di Bari, rivivono le donne accomodate sul «pisolo» in pietra, intente alla «scardatura» della lana, alla mondatura delle fave, alla sfregatura del formaggio, alla sbucciatura delle mandorle. Echi di una cultura locale ancora fervida, mentre lentamente la città cambiava aspetto. Nel paese murgiano, così come sulla scogliera di Polignano, le automobili e le nuove costruzioni documentano il corso di un cambiamento, l’imminenza di nuovi stili di vita e di nuove visoni del mondo.
L’archivio di Domenico Notarangelo è diventato nel tempo uno scrigno d’immagini rare e una riserva ricchissima di testimonianze di vita e di cultura. Esso consta di oltre centomila documenti fotografici, principalmente in bianco e nero, di filmati e inoltre di libri, manifesti, documenti cartacei, opere d’arte e cimeli di varia natura. L’aspirazione del fotografo di farne dono alla collettività, perché possa essere utilizzato al fine della ricerca storica sulla Basilicata, la Puglia e il Mezzogiorno in genere, appare coerente con l’idea granitica che ha animato la sua opera in passato, quella di costituire una memoria storica visiva[1].
Archivio fotografico «Album di famiglia»
«Bisogna che le parole, comparazioni e segni creino un contesto per la fotografia; devono cioè indicare e lasciare aperte diverse vie di approccio. Intorno alla fotografia si deve costruire un sistema radiale che le consenta di essere vista in termini allo stesso tempo personali e politici. In questo modo potrebbe realizzarsi un uso alternativo dell’immagine, non finalizzato a dimostrare o a documentare l’immobilità del presente, ma che incorpori la fotografia nella memoria sociale e politica, invece di usarla come sostituto che ne incoraggia l’atrofia (John Berger, Sul guardare, 2009)».
Il progetto che ha dato vita all’archivio sulle memorie familiari pugliesi è ancora in corso e intende raccogliere e catalogare immagini con il fine ultimo di riflettere sulla memoria privata e marginale del presente, ponendosi come base e strumento di lavoro della ricerca contemporanea. In tale prospettiva, la raccolta e la lettura delle immagini d’archivio, guidate dalla consapevolezza della distanza storica, generano nuovi contenuti sulla società e sulla cultura contemporanea, fino a influenzarne l’espressione artistica. Con tale approccio, l’archivio Album di famiglia comprende documenti “immateriali” in quanto non fisico, ma costituito dalle riproduzioni digitali delle fotografie private, condivise dai partecipanti a percorsi formativi ed eventi espositivi itineranti. In queste iniziative la donazione delle fotografie è seguita da attività di catalogazione e digitalizzazione, fino alla costruzione di concept artistici che coinvolgono l’immagine del passato come guida del presente.
«Trani»
Testo e immagini di Carlo Garzia
Walter Benjamin sosteneva che le città sono omogenee solo in apparenza che il solo modo di pronunciarne il nome ad alta voce poteva modificarne la percezione e la risonanza nella memoria. Tutte le città sono «invisibili» perché solo nei sogni sarebbe possibile percepirle nel loro essere «ab origine» e solo percorrendole incessantemente letteralmente penetrando in esse se ne possono cogliere i confini. Chi vuole conoscere una città dovrebbe essere pronto a fare un viaggio nel tempo oltre che nello spazio perché i segnali che essa ci manda sono troppo oscuri e spesso contraddittori. Questa esperienza del luogo che comunque non lo esaurisce è concessa solo al flâneur che non conosce l’ansia di arrivare, intuisce i complessi giochi del caso vi si adatta senza problemi e scopre quel «meraviglioso urbano» di cui parlavano i surrealisti e lo scopre soprattutto nelle cose apparentemente più insignificanti. Il fläneur urbano diventa così co-dilettante e il soccombente una delle figure chiave della modernità definita da Benjamin. che poi nella sua opera Immagini di città cercherà di definire meglio questo tipo di riscrittura dello spazio in cui abita l’uomo, mescolando l’osservazione diretta con la memoria personale. Il limite stesso di una città non è più costituito dalle sue periferie ma dai bordi dello spazio-tempo realmente esperito e vissuto. Se Benjanin fosse passato da Trani, sicuramente le avrebbe dedicato qualche pagina come a San Gimignano dove vede che il limite, a perdita d’occhio, è quello delle colline toscane i cui profili si perdono in una lontananza indefinita mentre a Trani lo avrebbe trovato nel mare che riesce a trasformare una imponente cattedrale in un faro di luce opalescente e come sospesa. Una massa liquida e un blocco di pietra che si fronteggiano e che è possibile percepire da un’area appena più in alto, quella della villa comunale,
Le immagini che propongo non vogliono né possono avere nessuna valenza documentaria, sono segni, metafore, visioni, alcune erano presenti nella grande mostra «Viaggio in Italia» che Luigi Ghirri organizzò nel 1984 e che segnò una tappa fondamentale per il rinnovamento della fotografia di paesaggio in Italia. Devo infine ammettere che per me sono anche un atto d’amore nei confronti di Trani e un invito a non farla diventare un paesaggio di cartone, seguendo quella deriva turistico-disneyana che altri luoghi della nostra regione hanno ormai scelto.
«Altrove»
di Francesco Saverio Colella
Immagini tratte dalla serie realizzata nel popoloso quartiere Libertà di Bari.
Il progetto fotografico prova ad indagare le vie del quartiere con una sequenza di rimandi visivi, volti a riflettere sulla sua condizione e su quella dei suoi abitanti: collettore culturale ma allo stesso tempo custode di una genuina tradizione, attraverso un percorso dove elementi, assenze e presenze si alternano tra loro, il Libertà si mostra nei suoi aspetti a volte incerti, dovuti ad uno stato di latente precarietà.
«Villa Eden»
di Piero Percoco
Un territorio è mappato nella nostra immaginazione tanto quanto lo sia già nei nostri occhi. La giovinezza è il treno perduto che può riportarci ai ricordi annidati nei nostri sogni. Ma i territori della mente sono spesso oscurati dagli standard sociali, uccidendo la spinta a raggiungere una terra di pura libertà.
La Puglia, come altri territori europei, vive di un senso di stagnazione culturale, con il progresso sociale nell'agenda di Dio. Gli stili di vita, nati in un focolaio della cultura hippie degli anni '70, sono sparpagliati qua e là sul territorio. Gli individui con un venerato senso di giovinezza sopravvivono in una regione, dove la mancanza di emancipazione ideologica rimane la norma. Tra questi sopravvissuti ci sono Maria e Lorenzo. Lei, ex modella, ha costruito una casa attorno a due pilastri; una passerella, e lo sfarzo che si ritrova nelle tonalità delle sue origini territoriali. La coppia, unita da un senso di curiosità sfrenata, si è auto-prescritta una vita di viaggio alla ricerca dell'eterna giovinezza. Le loro scoperte sono curate insieme alla loro fioritura intrinseca, sotto questo tetto rosa in Puglia.
Ricerca8
di Teresa Giannico
Il progetto utilizza la fotografia per la sua resa descrittiva, ma che lavora più vicino all’idea di pittura. Gli interni della serie sono progettati in modo tale da amplificare il paradosso visivo ottenuto talvolta con la progettazione di ambienti domestici che accentuano il contrasto con le installazioni, altre con contesti più onirici in cui forme, volumi e luci agiscono in continuazione con gli oggetti in scena.
Gli elementi presenti nelle immagini, selezionati da internet, sono oggetti di uso quotidiano che decontestualizzati perdono il proprio significato intrinseco e ne assumono uno nuovo per cui superfice, materiale e colore concorrono unicamente all'equilibrio della composizione.
«Nebulae»
di Ilaria Ferrara
L’80% della densità demografica mondiale e il 99% statunitense ed europea vivono sotto
un cielo inquinato da luci artificiali. La via lattea, dichiarata dall’Unesco Patrimonio
dell’Umanità, è invisibile a oltre un terzo della popolazione. Gran parte di essa ha affermato di non aver mai visto un cielo pieno di stelle. L’inquinamento luminoso è una delle forme più diffuse di alterazione ambientale. La luce artificiale si propaga per centinaia di km dalla sua sorgente danneggiando in questo modo i paesaggi notturni.
La metropoli di Bari, a seguito della grande estensione urbanistica degli anni Sessanta e Settanta, è diventata nel tempo una delle città con più inquinamento luminoso in Italia. Nebulae rappresenta l’agglomerato di nebulose diffuse sopra i complessi cementificati del quartiere barese Poggiofranco. Questa fotografia mostra come vedremmo il cielo sopra la città se le sue luci si spegnessero. Riusciremmo, meravigliati, ad osservare il cielo trapuntato di stelle come non l’abbiamo mai visto.
Foto galassia:
Soggetto: IC 1318, fa parte del grande complesso nebuloso molecolare del Cigno, una delle
aree nebulose più grandi e massicce della nostra galassia.
La foto è stata prodotta ed elaborata nell’area metropolitana di Bari, con una camera Astronomica montata su un telescopio e una montatura equatoriale. Il filtro a banda stretta Halpha, montato tra la camera e il telescopio, ha permesso la registrazione delle onde luminose dell'idrogeno (elemento base di questo tipo di Nebulosa), bloccando per la maggior parte tutti gli altri di tipi di onde.
Fotografia realizzata con la preziosa collaborazione di Saverio Vicanolo, Michele Bartoli e Giuseppe Columbo.
[1] Fioralba Magno, L’Archivio fotografico Notarangelo: «Paese scomparso» di Puglia e Lucania tra processi di trasformazione e ricerca d’identità, Archivio di etnografia, 2020
QUEI GIORNI DEL DILUVIO è un progetto nato nel 2016 da una residenza d’artista promossa da Le Murate PAC e l’associazione Mus.e di Firenze in occasione del cinquantesimo anniversario dell’alluvione del 1966. Il collettivo artistico Fotoromanzo Italiano (Giorgio Barrera e Andrea Botto) ha condotto un workshop con alcuni giovani artisti in cui si è lavorato alla produzione di un fotoromanzo. Il risultato è una storia inedita ambientata nel presente che, attraverso stratagemmi narrativi, parla della relazione tra la città di Firenze, il fiume Arno e le aree attraversate dal suo alveo.
Fotoromanzo Italiano
QUEI GIORNI DEL DILUVIO
Skinnerbook, 2017
graphic design Andrea Botto
17x24cm
64 pagine
Rilegatura a punto metallico
lingua: Italiano
Stampa offset su carta Fedrigoni Cyclus Offset
Quei giorni del diluvio è una produzione di Fotoromanzo italiano, un progetto artistico in progress, una riflessione sulla fotografia e sull'uso dell'immagine oggi, alle radici del nostro presente, per costruire un immaginario o solo per rivelare un'illusione.
Il 2 dicembre 2018 tutta la cittadinanza ginosina e gli amanti del suo paesaggio sono invitati a mostrare e condividere con la comunità le immagini che ritraggono e descrivono l'area delle Gravine, che comprende il profondo Canyon di Ginosa. Ciascun partecipante all’evento pubblico potrà contribuire con fotografie di famiglia, ritagli di giornale, collezioni pubbliche e private, cartoline e immagini tratte da pubblicazioni di vario genere. I partecipanti saranno poi invitati a raccontare le proprie immagini, perché le narrazioni personali degli abitanti, dei gruppi informali e delle associazioni di Ginosa diventino materia viva e fonte iconografica della ricerca artistica e culturale portata avanti dal progetto “Monumenti Umani”.
Ogni immagine raccolta sarà, infine, riprodotta in digitale, in modo che l’originale sia immediatamente riconsegnato al legittimo proprietario.
Il fine della raccolta pubblica sulla memoria visiva del paesaggio è quello di realizzare un archivio visivo, digitale e pubblico, utile alla conoscenza e alla valorizzazione della storia e delle bellezze naturali della città di Ginosa. Tessere un racconto collettivo, a più voci, del territorio che tenga in considerazione il punto di vista dei suoi abitanti, custodi nel tempo del paesaggio antropico e naturale. L’archivio, così costituito, sarà sempre aperto all’implementazione di contenuti da parte dei partecipanti, per stimolare la riflessione e il senso di appartenenza al Patrimonio.
La raccolta pubblica sulla memoria visiva del paesaggio di Ginosa – sostiene la curatrice dell’iniziativa Michela Frontino – può divenire un punto di partenza importante per acquisire una maggiore consapevolezza del proprio legame con il territorio, stimolando l’osservazione critica e la riflessione sui luoghi in cui viviamo, in una dimensione collettiva e pubblica, tra i cittadini. Da queste premesse, fondate sulla coscienza condivisa delle bellezze e dei limiti del paesaggio, sarà allora possibile pensare ad attività di promozione e valorizzazione dei territori.
Il progetto “Monumenti Umani” promosso dalla regione Puglia, all’interno del bando “La Puglia per Matera”, intende valorizzare il territorio limitrofo alla Capitale Europea della Cultura, attraverso le storie e le esperienze delle persone, interpretate e raccontate all’interno di lavori artistici e culturali. Una piattaforma digitale raccoglierà i risultati del progetto (fotografie, video e racconti), come strumento di valorizzazione turistica e culturale del territorio.
Il progetto "Monumenti Umani" è realizzato e coordinato da Michela Frontino – Of(f) The Archive, Marco Cardetta e Francesco Dongiovanni - Murex production, e Filippo Tito - Ciclomurgia - 4 cycling and trek
L'evento è organizzato con il Patrocinio del Comune di Ginosa.
Quando
02/12/2018 - ore 9,30/13,00
Dove
Proloco
Piazza Vecchia, Ginosa
Discipula / Pierangelo Di Vittorio (Action30)
In un futuro imprecisato e sullo sfondo di una catastrofe cosmica, un alieno e un umano si incontrano sulla Terra, un pianeta le cui sembianze ricordano i resti di un enorme archivio a cielo aperto. Qui i due intraprendono un viaggio iniziatico dal quale dipenderà la loro stessa salvezza. Una salvezza che avrà inevitabilmente a che fare proprio con il rapporto con gli archivi, considerati come custodi, non tanto del passato, quanto di un “possibile” non ancora realizzato e di cui il presente possiede la chiave.
Esito di una residenza d’artista promossa da Of(f) the Archive nel 2018 nella quale Di Vittorio/Action30 e Discipula sono stati invitati a lavorare su materiale conservato nella fototeca della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio di Bari, “L’invenzione del buio” è un libro dove testo e immagini si inseguono nella creazione di un racconto in cui i confini tra ricerca documentaria, speculazione teorica e finzione sembrano dissolversi gli uni negli altri.
Tra richiami a fantascienza e surrealismo, "L'invenzione del buio” prova a dare forma a un'idea di archivio inteso come campo di possibilità e strumento attraverso cui mettere in discussione le abitudini di pensiero. In tal modo, restituisce al lettore un prisma di tematiche che, attraversando la riflessione sull’archivio stesso, sembrano condurre molto oltre: dall’oscillazione della natura umana tra ordine e caos, all'eterno susseguirsi di civiltà e barbarie, passando per i limiti dell’umana conoscenza rispetto alla complessità cosmica nella quale siamo immersi.
Edizione Limitata prodotta in 100 copie
Dimensioni 17,5 x 12,5 cm
Peso 182 g
Una Residenza d'artista per valorizzare l’archivio fotografico della Soprintendenza di Bari
"Rispetto a quei particolari luoghi che sono i musei e gli archivi - scrive Pierangelo Di Vittorio, del collettivo Action30 - oggi siamo portati a credere che il problema sia entrarci, mentre la scommessa potrebbe essere piuttosto come uscirne. Il presente, che sembra scorrere sotto i nostri piedi come una specie di tapis roulant, è in realtà un denso sistema di oggetti nel quale siamo immersi, invischiati, talvolta intrappolati”.
Tentare di rendere fruibile e accessibile su larga scala il Patrimonio culturale è il primo obiettivo di Of(f) the archive, centro di fotografia volto alla digitalizzazione, catalogazione e valorizzazione di beni fotografici e documentari, mediante la ricerca storica e la produzione artistica contemporanea. Negli ultimi due anni, la sua missione è stata sposata e condivisa dalla Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio di Bari che ha creduto nel progetto portato avanti sulla fototeca di cui è custode e responsabile. In questo percorso, che parte dalla digitalizzazione di circa 300 fotografie conservate nella fototeca regionale, la ricerca iconografica e archivistica viene affiancata alla produzione artistica per la divulgazione e l’interpretazione dell’archivio stesso. L’artista è chiamato a operare e a riflettere sulle immagini al fine di produrre pensiero critico ed espandere i confini fisici del luogo deputato alla conservazione del Patrimonio, per abbattere le barriere tra archivio e pubblico e per riconnettere il primo nel flusso degli eventi. A tal fine, da luglio 2018 a maggio 2019, è stata avviata una residenza d'artista con i collettivi Action30 e Discipula, coinvolti (ognuno con la propria specificità artistica, pertinente alla filosofia e alle arti visive) nella produzione di un progetto che rielabora i contenuti delle fotografie in forma inedita, e che assume il libro come supporto e strumento divulgativo.
Il libro, proprio in virtù della sua possibilità di divenire veicolo capillare e democratico di contenuti artistici, è stato scelto, nell’ambito della residenza artistica a cura di Of(f) the archive, come output di un percorso di conoscenza e di rielaborazione dell’archivio, divenendo supporto fisico, forma divulgativa e contenuto stesso dell'opera.
“Io considero [le parole] come materiale visivo e le ho considerate come delle sculture, esse hanno un volume e uno spessore – scrive Edward Ruscha, autore diTwentysix Gasoline Stations, 1963, considerato il primo libro d’artista della storia - . Se voi guarderete il libro vedrete come la tipografia funzioni bene. Ho lavorato su quello prima di prendere le fotografie. Non che io avessi un messaggio importante in merito al soggetto delle fotografie o ai contenuti o a qualsiasialtra cosa di simile, tutto ciò che io volevo era la coesione del tutto”.
Il libro d’artista, dunque, è tale perché l’artista diventa l’artefice della totalità dell’opera, tenendo conto della multidisciplinarietà e dell’incontro tra linguaggi differenti alla base del progetto creativo. In riferimento a questo modus operandi, fondamentale è stata la collaborazione tra i due differenti collettivi artistici che hanno contribuito alla realizzazione di un’opera unica, a partire dell’archivio fotografico della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio di Bari. Durante la residenza Action30 e Discipula hanno osservato, conosciuto e, quindi, rielaborato le immagini conservate in fototeca, per decidere di dirottare la propria attenzione sui fondi inerenti le città pugliesi dell’interno, che si estendono sull’altopiano dell’Alta Murgia, nella provincia di Bari, ben lontano dall’immaginario più diffuso e turistico della Regione: Altamura, Gravina, Poggiorsini, Corato e Ruvo. In questi fondi fotografici, il paesaggio rupestre, gli ampi spazi desertici e solitari, così come il Patrimonio architettonico dei centri urbani hanno offerto agli artisti in residenza di riflettere sul processo della genesi della materia. Nel loro processo creativo la pietra (elemento base della trasformazione/genesi) si trasforma in altro, attraverso la mano dell’uomo, la storia, la tecnica, l’arte, la politica e le ideologie, dando vita a una narrazione immaginaria e fantascientifica sulle rovine dei nostri tempi. Il concetto della trasformazione non si ferma al contenuto e si estende parallelamente al libro e al processo artistico che trasformano l’archivio in opera d’arte e pensiero interpretativo, con un approccio interdisciplinare in cui la filosofia, il design e la cultura visiva rielaborano la visione del passato.
Action30
Collettivo di ricercatori e artisti, nato nel 2005, che indaga sulle nuove forme di razzismo e di fascismo attraverso l’analogia con gli anni ’30, e sperimenta forme ibride di trasmissione e condivisione della cultura nei campi dell’editoria, dello spettacolo e della realizzazione di mostre, eventi e situazioni didattiche di vario tipo. Tra le sue produzioni: i volumi L’uniforme e l’anima. Indagine sul vecchio e nuovo fascismo. Letture di: Bataille, Littell e Theweleit, Jackson, Pasolini, Foucault, Deleuze e Guattari, Agamben, Eco, Ballard (2009) e Bazar elettrico. Bataille, Warburg, Benjamin at Work (2017); il cortometraggio Grande Brasserie Cyrano (2009); i saggi-spettacolo Constellation 61. Entre histoire e magie, coprodotto con l’Autre « lieu », Bruxelles Laïque e il Théâtre National de Belgique (Bruxelles 2011 e 2012, Liegi e Marsiglia 2013), e Nage, nage petit poisson, Dés/obéir à l’époque de la téléréalité (Bruxelles 2014); l’happening-installazione Bazar elettrico in Action (Bari 14-19 novembre 2017).
Discipula
Collettivo operativo nel campo della ricerca visiva contemporanea fondato da MFG Paltrinieri, Mirko Smerdel e Tommaso Tanini nel 2013.
Attraverso l’intreccio di diverse pratiche – progetti espositivi ed editoriali, performances, lectures e workshops – Discipula esplora il ruolo e il significato delle immagini nel contesto mediatico contemporaneo.
Il lavoro del collettivo guarda alle immagini come strumenti di controllo nella coscienza politica ed economica e ne indaga il potere percettivo che agisce sullo spettatore. I loro progetti invitano a riconsiderare il valore delle immagini e a riconoscere i significati che si nascondo dietro l’ideologia della comunicazione.
Dal 2013 ad oggi Discipula ha esposto in numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero tra cui Centre Photographie Geneva, Krakow Photomonth, Unseen Photo Fair – Amsterdam, Photo 50 – London Art Fair, Matildenhöhe Darmstadt, FORMAT Festival – Derby, Kunsthalle Budapest, Tokyo Institute of Photography.
Discipula ha inoltre ricevuto premi nazionali ( Premio Level 0 ArtVerona 2017, Premio Fabbri 2016, Premio Pesaresi 2014) ed internazionali (Les Rencontres d’Arles, Author Book Award 2015).
L'invenzione del buio, Palazzo Sagges, Soprintendenza archivistica e bibliografica della Puglia e della Basilicata, Bari, 15-12-2019/15-02-2020
La mostra allestita a Palazzo Simi, sede della Soprintendenza ABAP per la città metropolitana di Bari Soprintendenza Archeologica, mette in luce il processo creativo che ha portato alla pubblicazione del libro d'artista, L'invenzione del buio, come output del programma di residenza volto alla valorizzazione di una parte dei documenti conservati nella Fototeca Sabap di Bari. Il punto di vista assunto all’interno del percorso espositivo è quello degli autori, Pierangelo Di Vittorio/Action30 e il collettivo Discipula, che hanno vissuto la produzione artistica come esperienza, dalla prima conoscenza dei luoghi e dell’archivio, fino alla condivisione di pensieri e prospettive. L'itinerario espositivo, che prende le mosse dal libro omonimo, non punta a documentare un processo mentale già svolto, quello della produzione editoriale appunto, ma intende coinvolgere il pubblico nel suo processo creativo, tornando sul materiale da cui è nata l'opera per ampliarlo, espanderlo, rilanciarlo, rielaborarlo – facendo della mostra un’opera ispirata da un’altra opera. L’allestimento è strutturato come un grande tavolo da lavoro su cui si alternano e si sovrappongono fotografie, libri, oggetti e parole che hanno ispirato e contribuito alla valorizzazione dell’archivio attraverso i linguaggi delle arti visive e della ricerca filosofica; per incrociare e abbraciare nel percorso della mostra i reperti archeologici esposti – emersi nel corso dei lavori di tutela effettuati sul territorio barese, indicando le linee di traiettorie ibride di conoscenza e interpretazione delle opere: nell’ottica condivisa di quel “Solve et Coagula” applicato all’archivio fotografico per realizzare il libro “L’invenzione del buio”.
Esito di una residenza d’artista promossa da Of(f) the Archive nel 2018 nella quale Pierangelo Di Vittorio/Action30 e il collettivo Discipula sono stati invitati a lavorare su materiale conservato nella fototeca della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio di Bari, “L’invenzione del buio” è un libro dove testo e immagini si inseguono nella creazione di un racconto in cui i confini tra ricerca documentaria, speculazione teorica e finzione sembrano dissolversi gli uni negli altri.
Progetto grafico di Vito Battista
Edizioni Off the archive 2019
Autori in mostra:
>>>> WED. 05TH FEBRUARY H. 06:45pm <<<<<<
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Published by OF(F) THE ARCHIVE
Intervengono:
► Pierangelo Di Vittorio (filosofo e membro di Action 30, autore del testo scritto)
► Discipula Collective (visual art collective, editing del testo fotografico e del book design)
In un futuro imprecisato e sullo sfondo di una catastrofe cosmica, un alieno e un umano si incontrano sulla Terra, un pianeta le cui sembianze ricordano i resti di un enorme archivio a cielo aperto. Qui i due intraprendono un viaggio iniziatico dal quale dipenderà la loro stessa salvezza. Una salvezza che avrà inevitabilmente a che fare proprio con il rapporto con gli archivi, considerati come custodi, non tanto del passato, quanto di un “possibile” non ancora realizzato e di cui il presente possiede la chiave.
Esito di una residenza d’artista promossa da Of(f) the Archive nel 2018 nella quale Di Vittorio/Action30 e Discipula sono stati invitati a lavorare su materiale conservato nella fototeca della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio di Bari, “L’invenzione del buio” è un libro dove testo e immagini si inseguono nella creazione di un racconto in cui i confini tra ricerca documentaria, speculazione teorica e finzione sembrano dissolversi gli uni negli altri.
Tra richiami a fantascienza e surrealismo, "L'invenzione del buio” prova a dare forma a un'idea di archivio inteso come campo di possibilità e strumento attraverso cui mettere in discussione le abitudini di pensiero. In tal modo, restituisce al lettore un prisma di tematiche che, attraversando la riflessione sull’archivio stesso, sembrano condurre molto oltre: dall’oscillazione della natura umana tra ordine e caos, all'eterno susseguirsi di civiltà e barbarie, passando per i limiti dell’umana conoscenza rispetto alla complessità cosmica nella quale siamo immersi.